Esposizione Libri

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Elvio

martedì 15 febbraio 2011

Diletta Nespeca

Racconto fantastico, Gorokh è un viaggio lungo luoghi, usi e costumi delle antiche culture dei popoli del nord Europa.
Tratta della impietosa sorte che coinvolge sei antichi Regni: Ascor, Goran, Davilon, Artanya, Uscket e Shaarland. Proprio da quest’ultimo inizia la rivolta dei popoli oppressi dal subdolo Signore delle tenebre che, servendosi di un cerchio di vegetazione infida e mortale, conduce le terre, un tempo floride e generose, a morte certa.
I popoli, persa la memoria storica a causa della loro vergogna per aver creduto in tempi lontani alle lusinghe del male, vagano ignari nell’oblio dell’indifferenza.
La profezia conduce una bambina, Freya, ad inoltrarsi nel cerchio oltre il quale Alinah, il sommo bene, le svela la sua epica missione: radunare quattro Saggi e quattro Principi prescelti e condurli nella grande guerra di liberazione con il favore del potere del diamante. 




 Immaginiamo per un attimo le primordiali popolazioni che, lontane da ogni pensiero di varcare i confini del “mondo”, non avevano mai visto altri che quelli dei loro clan. Cosa pensavano? Cos’era il “mondo” per loro? Chi era la “gente”? Cos’era la “conoscenza”? Quali le curiosità?
Ebbene, nulla di tutto ciò. Esse vivevano in territori limitati mentre solo le popolazioni nomadi per natura, migravano quando le risorse del luogo che abitavano iniziavano a scarseggiare. Quando i popoli nomadi misero le radici in territori apparentemente confacenti, piccole popolazioni primitive, prima che si estendessero e ingegnassero per il benessere della comunità stessa, faticarono per oltrepassare i confini del loro microcosmo e spesso con ingenti perdite. Alcuni antropologi attribuiscono a questo singolare comportamento l’estinzione di alcuni preistorici nuclei.
La paura, dicono. Era la paura dell’ignoto e lasciare il certo, se pur penoso e difficile, per l’incerto.
Cosa potesse esserci di là di quelle valli sconfinate, di là di quell’enorme mare, di quel lungo e insidioso fiume o la tetra foresta forse, era un pensiero che nemmeno li sfiorava.
La convinzione di essere soli in balia dei terribili eventi atmosferici e l’incertezza delle risorse della terra, fece poi la fortuna dei primi santoni che, forti della necessità dei popoli di vedersi rapportati con un volere superiore, giustificando almeno parzialmente la propria condizione, limitarono ancor di più le loro menti. Tuttavia, ciò comportò ordine e stabilità sociale. Immaginiamo altresì, la visione che colse assolutamente impreparate le popolazioni primordiali che non conoscevano ancora il ferro, quando videro le prime navi avvolte nel fumo che gli invasori accendevano per occultare il loro arrivo e l’effetto che nel mezzo avevano le luci delle torce accese. Pensiamo al loro stupore quando videro per la prima volta esseri diversi da loro. Apparivano curati nell’aspetto, vestiti di lane e pelli ben trattate e cucite, con al fianco spade e archi, occhi azzurri con lunghi capelli biondi e acconciati con trecce e lacci colorati. Erano popoli nordici, rozzi per gli antichi romani, ma divini per coloro che coperti con pelli malconce, di statura piccola, occhi scuri, capelli neri crespi e incolti vivevano in particolare oscurantismo.

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